Legacoop > Reggere la crisi, costruire il futuro: le sfide della Produzione e lavoro verso il Congresso

21 febbraio 2014 -C’è un dato che meglio di ogni altra considerazione fotografa la situazione. Nel 2008, prima della crisi, nella top 100 delle imprese italiane del settore 26 erano cooperative. Oggi 11 di queste sono interessate da procedure concorsuali. Ma non è solo un problema cooperativo, anzi. Su 100 fallimenti avvenuti nel nostro Paese 23 hanno interessato questo settore, che ha lasciato sul campo oltre 500 mila posti di lavoro.

 Le costruzioni stanno attraversando il periodo più nero che memoria d’uomo ricordi. Ci sono ombre, molte ombre. Ma per l’Associazione c’è anche qualche luce. C’è per le esperienze positive che nonostante tutto resistono, e c’è soprattutto grazie al settore industriale che nello stesso periodo, tra il 2008 e il 2012, ha messo a segno una crescita pari al 20,4%. Il merito? In buona parte delle esportazioni.

 L’Associazione nazionale delle cooperative di produzione e lavoro (Ancpl) si avvia a celebrare il proprio congresso – il 20 e 21 marzo a Bologna – in uno dei momenti più delicati per le imprese del settore, tra crisi che non accenna a finire e aiuti che non arrivano come dovrebbero ma anche sfide e opportunità, che occorre saper cogliere per poter riagganciare il treno della crescita e, dopo aver fatto tanta fatica per non cedere, ritornare a correre.

“Quando guardo il comparto vedo, complessivamente, tre gruppi di aziende”. Così il presidente di Ancpl Carlo Zini fotografa la situazione degli aderenti alla sua associazione. “Da una parte ci sono quelle che pur nella crisi ottengono risultati lusinghieri e continuano a crescere. Sono quelle che lavorano prevalentemente con l’estero, legate spesso a settori innovativi”.

E questa è la fascia, ridotta ma essenziale, che sta passando quasi indenne attraverso questi anni.

“Sì, poi c’è il gruppo più numeroso: quello delle imprese che avvertono gli effetti della crisi, soffrendoli sempre di più, ma che ancora resistono e che vanno sostenute in ogni modo. Possono compiere il balzo ed entrare nel primo gruppo ma possono anche scivolare nel terzo, quello di chi subisce in modo dirompente gli effetti della crisi, legato più che altro al mondo delle costruzioni.

In questo secondo gruppo ci sono anche le cooperative di progettazione e ingegneria che, reagendo soprattutto grazie alla loro innata flessibilità, stanno riorientando l’attività affacciandosi sui mercati esteri e spingendo molto sull’innovazione tecnologica attraverso l’acquisizione di nuove tecnologie di progettazione come il BIM, la specializzazione sul risparmio energetico”.

Un settore che sta attraversando un tunnel di cui si fatica a intravedere la fine.

“Il mercato di fatto è bloccato. Lo è quello delle abitazioni private, ma ancor più quello delle opere pubbliche che dal 2011 al 2013 hanno registrato un calo rispettivamente del 9,9%, del 16,6% e ancora del 4,1%. In pratica un terzo dei lavori è sparito nel nulla. Per questo è indispensabile che la politica si muova, subito”.

In che modo?

“Servono sostegni alla domanda della casa, sulla falsariga del dispositivo Scellier predisposto in Francia, con il quale gli investitori privati sono stati fortemente incentivati ad impiegare le loro risorse nella costruzione di alloggi destinati alla locazione”.

 

Da noi si è parlato molto di social housing.

“Sì, ma alle attese non sono seguiti fatti analogamente importanti. Sono pochi, per ora, i casi di successo in questa direzione. Riteniamo sia necessario lavorare, come si sta iniziando a fare, sulle modalità di finanziamento, dando alle famiglie opportunità diverse, che aprano davvero questo mercato. Tutto questo senza dimenticare la realizzazione di opere pubbliche, con il meccanismo del partenariato pubblico-privato e utilizzando i Fondi strutturali”.

 

Questi ultimi si concentrano, però, soprattutto al Sud dove le condizioni di lavoro per le imprese sono complesse.

“È vero. Nel Meridione alcune delle nostre realtà più strutturate hanno risentito pesantemente della crisi e inserirsi in quel mercato senza avere il controllo della filiera è complesso. È uno dei temi sui quali le nostre assemblee nelle regioni del sud, in preparazione al Congresso, stanno maggiormente lavorando”.

 

I tempi di pagamento sono migliorati?

“Viaggiamo, in media, attorno agli otto mesi, che rimangono comunque troppi. Ma, mentre rivendichiamo con forza i sostegni di cui tutto il settore ha necessità, non ci nascondiamo dietro un dito e sappiamo che serve innanzitutto una profonda ristrutturazione della nostra base produttiva. In che direzione? Lo racconta chi oggi risente meno della crisi, grazie alle scelte che ha compiuto e che noi oggi, come associazione, vogliamo sostenere e diffondere”.

 

Proviamo a fissare tre punti?

“Facciamo quattro o cinque. Oggi resiste meglio alle difficoltà innanzitutto chi si è riposizionato sul mercato acquisendo una dimensione internazionale e, in secondo luogo, chi ha introdotto elementi di innovazione nel proprio prodotto. Ha più chance chi ha diversificato le fonti finanziarie, privilegiando le risorse a lungo termine e, infine, chi è riuscito a rendere i tempi dei processi decisionali coerenti con le necessità del mercato. In particolare, nel campo delle costruzioni, la capacità competitiva si gioca sull’offerta completa, fatta cioè di finanza-costruzione-gestione. Bisogna inoltre orientare parte importante della capacità produttiva e della specializzazione su lavori di salvaguardia del territorio, dell’ambiente, del recupero di aree abitative. Il potere politico deve fare queste scelte, ma anche le imprese devono essere pronte. Le cooperative lo sono.

 

Uno dei temi di cui si discute di più è quello delle fusioni.

“Le esperienze di collaborazione e integrazione tra cooperative del settore hanno vissuto passaggi importanti con l’allargamento del consorzio CCC e, in questi giorni, con l’avvio del progetto tra Unieco e Coopsette, ma complessivamente sono state meno numerose di quanto auspicato”.

 

Quando vuole alimentare un po’ di sano e ragionevole ottimismo lei presidente a cosa pensa?

“A quelle imprese di costruzione che nonostante tutto tengono botta perché magari hanno commesse in tutto il mondo, ma anche e soprattutto alle decine di nuove cooperative, specie manifatturiere, nate in situazioni di worker buy out, di salvataggi industriali virtuosi, che hanno prodotto centinaia di posti di lavoro facendo risparmiare soldi pubblici e penso ad esperienze di tutoraggio che vediamo nascere tra le nostre imprese, soprattutto industriali. Sacmi, Cefla stanno ” incubando” piccole cooperative che nascono magari a centinaia di chilometri di distanza, occupandosi di nicchie innovative. Ecco, questa capacità di continuare a investire sul futuro, e di farlo vivendo fino in fondo i nostri valori, questo è per noi un elemento di ragionevole speranza”.