A CIMOLAIS IL DISTANZIAMENTO FISICO DIVENTA AVVICINAMENTO SOCIALE

Siamo consci dei rischi che ci possono essere all’interno delle strutture residenziali per anziani, per questa ragione cerchiamo di essere il più possibile consapevoli delle difficoltà, problematiche e dell’importanza della dignità delle persone”. Così Anna La Diega, vicepresidente della Cooperativa sociale Itaca, spiegava tre anni fa l’esigenza di aggiornare la Carta dei Valori e dei Comportamenti dell’area Anziani Residenziale, di cui è anche responsabile. Nata nel 2012, la Carta e i suoi principi assumono oggi un ruolo ancora più centrale, in un momento storico che ci vede tutti affrontare l’emergenza sanitaria da Covid-19: non solo punto di riferimento in termini di buone prassi nei servizi ma anche, e forse verrebbe quasi da dire soprattutto, per quanto riguarda l’impegno verso i beneficiari e la tutela della loro salute.

Siamo partiti da qui nel dialogo con Luciana Protti, coordinatrice della Residenza assistenziale alberghiera di Cimolais che la Cooperativa Itaca gestisce dal 1997. La “Casa albergo”, che si trova in alta Valcellina e accoglie persone anziane autosufficienti provenienti da tutto il Friuli occidentale, è stata la prima struttura residenziale che la Cooperativa sociale friulana ha chiuso ad ingressi esterni, ancora prima del lockdown decretato dal Governo italiano il 9 marzo. “Abbiamo deciso cautelativamente, in condivisione con il Comune di Cimolais proprietario della struttura, di chiudere ad ingressi provenienti dall’esterno il 5 marzo – spiega Luciana Protti – per tutelare la salute dei nostri residenti. All’inizio abbiamo registrato comprensibili difficoltà negli anziani a comprendere le motivazioni di questa decisione, soprattutto perché, in quanto autosufficienti, erano abituati a vivere con una certa autonomia”.

Prima del Covid-19, infatti, non c’erano limitazioni nelle uscite, potevano tranquillamente andare a prendere un caffè al bar, le sigarette al tabacchino, andare a messa, uscire per una semplice passeggiata, magari insieme ad alcuni paesani che negli anni hanno conosciuto e con i quali si sono instaurati anche dei legami di amicizia, o ancora prendere la corriera in autonomia per andare a Maniago al mercato settimanale del lunedì. Tutte abitudini “normali” prima del lockdown, che ora non sono più possibili. “Nei primi tempi abbiamo vissuto anche noi operatori una situazione di difficoltà, in primis nello spiegare loro il senso di quelle limitazioni. Il lockdown ancora non era stato dichiarato ed era tutto nuovo e difficilmente comprensibile e accettabile, per tutti anche per noi. Successivamente, grazie anche a quanto apprendevano quotidianamente dai telegiornali, hanno compreso la gravità della situazione”.

LA RIMODULAZIONE DELLE USCITE SUL TERRITORIO

“Essendo autonomi e cercando di venire incontro ai loro desideri di contatto con l’esterno, dopo il 5 marzo, abbiamo riorganizzato l’assistenza per garantire le loro uscite in sicurezza, così ogni persona – prosegue la coordinatrice di Cimolais – è sempre stata accompagnata degli operatori, in giorni ed orari stabiliti attraverso la programmazione di un calendario predisposto insieme ai nostri anziani, anche perché avevamo notato in loro la tendenza inconsapevole ad abbassare la guardia e con essa le mascherine. Per questo abbiamo deciso di accompagnarli in poche uscite e mirate, per attivare una salvaguardia discreta ed attenta del loro comportamento, perché la tendenza quasi automatica era quella di abbassare la mascherina appena entravano al bar e l’operatore era subito pronto a ricordare alzarla fino a coprire il naso. Nelle prime settimane abbiamo imparato tutti assieme che, invece, è proprio in quella fase, nel momento dell’incontro con altre persone, che la mascherina va utilizzata in maniera adeguata”.

Agli anziani è restata la possibilità di passeggiare liberamente nell’area antistante la Casa, che è piuttosto ampia, dotata di un bel giardino con panchine, gli alberi per ripararsi dal sole estivo, ma sempre in compagnia di un operatore. “Abbiamo anche riorganizzato l’area fumatori, che all’inizio si trovava all’esterno, poco prima dell’ingresso, ed ora si trova sul terrazzo con tavolini e sedie che consentono di rispettare il giusto distanziamento fisico”.

LA CHIUSURA DELLE VISITE DALL’ESTERNO

“Parallelamente, dal 5 marzo abbiamo anche chiuso alle visite di parenti e amici che dall’esterno entravano in struttura”. Finito il lockdown, per tutta l’estate la Residenza ha preferito comunque mantenere le restrizioni attivate, perché Cimolais è un paese di poco più di 350 persone che durante il periodo estivo, come avviene solitamente nei paesini di montagna, si popola di turisti e villeggianti. “E sono arrivati anche quest’anno, alcuni provenienti anche da aree dell’Italia che hanno vissuto in maniera tragica la pandemia”.

Chiudere all’ingresso dei familiari in struttura per tanti mesi non è stato facile. Sono subito partite le videochiamate, che erano costanti per chi usa fluentemente il proprio smartphone e garantite dalla struttura per chi non lo possedeva. Il telefono della Residenza, poi, era sempre attivo e disponibile in qualsiasi orario.

La conclusione del lockdown sembrava suggerire che il pericolo fosse passato, tanto che alcune limitazioni erano state alleggerite e il servizio si era riaperto al territorio in maniera graduale. “Ci siamo allora organizzati per ricominciare le visite in sicurezza, durante l’estate, avevamo predisposto un tavolo all’esterno, le sedie erano poste distanti ma ben visibili tra l’anziano e il proprio caro, veniva effettuato un triage ai familiari con tanto di tracciamento della visita attraverso un apposito registro. In questa maniera l’anziano, indossando mascherina e visiera e mantenendo la distanza di almeno 1 metro, poteva incontrare i propri cari, alla presenza di un operatore che monitorava il rispetto delle distanze. Oggi, con la nuova chiusura, resta possibile la videochiamata, anche perché i familiari vivono lontano e possono venire o nei fine settimana o una volta al mese. Peraltro, molti dei nostri beneficiari non hanno una rete familiare ed allora la nostra equipe diventa famiglia ed è il “congiunto” più prossimo per l’anziano”.

Tuttavia, l’aumento dei contagi delle ultime settimane anche in Friuli Venezia Giulia ha portato la Regione ad una nuova chiusura alle visite esterne nei servizi residenziali per anziani. “La sofferenza dei nostri residenti, cui viene nuovamente inibita la possibilità di una relazione in presenza con i propri familiari o conoscenti, è anche la nostra sofferenza. È vero che qui, sinora, è un’isola felice (la Casa albergo di Cimolais non ha registrato situazioni di positività al virus, ndr), ma siamo tutti consapevoli che i rischi ci sono, per questo il nostro livello di attenzione resta al massimo”.

IL LEGAME CON GLI OPERATORI SI È RAFFORZATO

“La nuova chiusura neanche io la sto vivendo bene. Dopo tanti mesi, sapere che non possono ancora vedere di persona i loro familiari pesa anche sull’equipe di lavoro, perché è come se stessimo togliendo loro l’autonomia derivante dall’autodeterminazione. Così, a volte, si nota qualche comprensibile stato di agitazione per la frustrazione delle limitazioni ed è necessario intavolare con loro un dibattito serrato e continuo di richiamo al senso di responsabilità personale ed anche nei confronti degli altri residenti della Casa”.

In questi mesi, il legame tra anziani e operatori si è ancor di più rafforzato. “Comprendiamo che chi non si trovi a vivere un’esperienza di questo genere possa avere difficoltà a comprenderla sino in fondo, qualcuno mi ha chiesto cosa salvare di questi mesi, ed io ho risposto il rafforzamento dei legami affettivi all’interno del servizio, perché, in un momento in cui ai familiari è tuttora impedito l’ingresso in struttura ed agli anziani di poter vivere l’affetto e la vicinanza delle persone che amano, noi operatori siamo riusciti tutti insieme ad essere con loro e per loro famiglia. Perché c’era davvero bisogno di esserci, per darci forza reciproca, l’uno con l’altro.

Noi diamo come operatori e riceviamo dagli anziani il senso della vicinanza, affettiva ed emotiva, in un momento in cui ci è imposto il distanziamento che per la Residenza di Cimolais è solo un distanziamento fisico ed un avvicinamento sociale”.